Chi afferma che un giorno vale l’altro per per adorare Dio come Chiesa e ne sceglie uno perché è “più comodo”, sicuramente è in piena confusione dottrinale. Il Padre, infatti, non ha lasciato nulla al nostro arbitrio, tantomeno il giorno in cui la Chiesa è chiamata a radunarsi per ricordare il sacrificio di Cristo, fare la colletta per autosostenersi, essere edificata attraverso l’insegnamento apostolico e elevare a Dio inni di lode.

Dio non è un Dio di confusione o di approssimazione. Dio ci ha lasciato un modello preciso e immutabile al quale abbiamo l’obbligo e il desiderio di attenerci: “Attieniti con fede e con l’amore che è in Cristo Gesù al modello delle sane parole che udisti da me” (2 Timoteo 1:13). Un modello che va seguito fedelmente. Affermare poi, cercando di giustificare le proprie idee, che i primi cristiani si radunavano tutti i giorni, significa non aver capito la differenza tra il comandamento di Gesù relativo alla sua commemorazione e il piacere di stare insieme con i fratelli per studiare il Vangelo, che può avvenire in ogni giorno. Il ricordo di Gesù, con il pane e il vino,  non è lasciato alla nostra inventiva né tantomeno ai nostri comodi.

La Chiesa è un gruppo di cristiani (due o tremila, non fa differenza cfr. Matteo 18:20 e Atti 2:41) che si raduna in un determinato luogo (“dovunque”, Matteo 18:20) allo scopo di essere Chiesa, ossia corpo di Cristo (Colossesi 1:18), per portare la Parola di Dio e la propria testimonianza in quel posto, mediante il culto comunitario.

Dove esiste, la Chiesa deve dare pubblica testimonianza, ogni domenica. Convenire insieme ai fratelli formando la Chiesa (1 Corinzi 11:20) è necessario per costituire «un cuore solo e un’anima sola» (At 4:32).

Il primo giorno della settimana ha un significato profondo per il Cristiano. È il giorno della risurrezione del Signore, il punto di svolta tra l’opera portata a termine sulla croce e la manifestazione dei suoi benefici, tra il potere della morte e il trionfo della vita, tra il Nuovo Patto che produce salvezza e l’Antico che scompare.

I discepoli furono informati della risurrezione di Gesù non soltanto attraverso dei messaggeri, come furono gli angeli al sepolcro, piuttosto lo seppero grazie alle apparizioni con cui il Signore “si presentò vivente con molte prove, facendosi vedere da loro per quaranta giorni” (Atti 1:3).

Quelle apparizioni iniziarono nel primo giorno della settimana quasi a volerci esprimere quanto fosse intenso il desiderio del Signore di avere comunione con i suoi discepoli che ora chiamava fratelli” (Giovanni 20:17). Era in fondo il desiderio di comunione che il Signore aveva espresso durante l’ultima notte prima di morire (Luca 22:15; Giovanni 14:3, 17:24).

Gesù apparve quel giorno a Maria Maddalena (Marco 16:9; Giovanni 20:11-18), alle donne (Matteo 28:8-10), a Pietro chiamato anche Simone o Cefa (Luca 24:34; 1 Corinzi 15:5), ai due discepoli sulla via di Emmaus “nello stesso giorno” (Luca 24:13). E non è ancora tutto, come anticipazione di quello che doveva essere: “La sera di quello stesso giorno, che era il primo giorno della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» (Giovanni 20:19-20).

La domenica è il giorno del Signore perché in questo giorno:

  1. Gesù è risorto (Marco 16:9; Luca 24:1, 7, 13, 21; Giovanni 20:1,8)
  2. Lo Spirito Santo è disceso sui dodici apostoli a Gerusalemme, Atti 1:1-4.
  3. È nata la Chiesa, Atti 2.
  4. C’è un esempio biblico:  in questo giorno i primi cristiani si radunavano “per rompere il pane” (Atti 20:7).
  5. Un’assemblea regolare si intuisce da 1 Corinzi 16:2 (con il perentorio ordine di fare la colletta in questo giorno).

 Dio, come detto, non lascia nulla al caso. Agli Ebrei aveva dato il sabato per ricordare loro la liberazione dalla schiavitù Egiziana, a noi ha dato la domenica per ricordare che con la morte e la risurrezione del Signore siamo stati liberati dal peccato.

Il Vangelo quando parla del regno dei cieli si riferisce sempre alla chiesa, realtà spirituale dove Gesù regna oggi (Colossesi 1:13 “Egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figliuolo”). Paolo conferma e pone l’accento sulla realtà spirituale della chiesa definendola addirittura un “luogo celeste” (Efesini 2:6 “…ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù”).

Gli Ebrei aspettavano un Messia che li avrebbe riscattati e che avrebbe istaurato un nuovo governo e la loro delusione e incredulità derivò proprio dal fatto che Gesù non fece nulla di tutto questo, al contrario istaurò un regno spirituale, che non fu compreso proprio come oggi, un regno dove l’uomo può trovare il perdono e la comunione con il Padre. Un regno che non ha caratteristiche fisiche e materiali ma che è dentro ogni uomo che vuole diventare Suo Figlio.

Io non ho l’arroganza e la presunzione di sapere quello che è nella mente del Padre. Non so quale sarebbe stato il destino dell’uomo se non avesse peccato. Non so se Dio lo avrebbe trasportato comunque in una dimensione spirituale senza fargli conoscere morte e dolore, che caratterizzano la nostra vita. Non so è non posso dire nulla… chi lo fa è arrogante e supponente!

Io posso sapere solo quello che Dio mi rivela Egli stesso attraverso il Vangelo. E Dio la fa chiaramente in modo tale che anche i fanciulli possano capire, checché ne dicano molti che si arrogano il diritto di interpretare la Scrittura a loro uso e consumo, che affermano di essere gli unici veri interpreti di una di rivelazione che  muta e cambia a secondo dei tempi ( Matteo 11:25 “In quel tempo Gesù prese a dire: Io ti rendo lode, o Padre, Signor del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai savi e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli fanciulli”).

COME SAREMO ALLA RISURREZIONE?

Ebbene il Vangelo è molto chiaro e dice “che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né la corruzione può ereditare la incorruttibilità” (1 Corinzi 15:50). Paolo apostolo scrivendo ai Corinzi che dibattevano sulla resurrezione dice chiaramente che noi siamo un seme e che quando questo seme morirà germoglierà la vera creatura:

“Ma qualcuno dirà: «Come risuscitano i morti? E con quale corpo ritornano?» Insensato, quello che tu semini non è vivificato, se prima non muore; e quanto a ciò che tu semini, non semini il corpo che deve nascere, ma un granello nudo, di frumento per esempio, o di qualche altro seme; e Dio gli dà un corpo come lo ha stabilito; a ogni seme, il proprio corpo. Non ogni carne è uguale; ma altra è la carne degli uomini, altra la carne delle bestie, altra quella degli uccelli, altra quella dei pesci. Ci sono anche dei corpi celesti e dei corpi terrestri; ma altro è lo splendore dei celesti, e altro quello dei terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna, e altro lo splendore delle stelle; perché un astro è differente dall’altro in splendore. Così è pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c’è un corpo naturale, c’è anche un corpo spirituale. Così anche sta scritto: «Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; l’ultimo Adamo è spirito vivificante. Però, ciò che è spirituale non viene prima; ma prima, ciò che è naturale, poi viene ciò che è spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo è dal cielo. Qual è il terrestre, tali sono anche i terrestri; e quale è il celeste, tali saranno anche i celesti.  E come abbiamo portato l’immagine del terrestre, così porteremo anche l’immagine del celeste. Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio; né i corpi che si decompongono possono ereditare l’incorruttibilità” (1 Corinzi 15:35-50).

Un discorso chiarissimo, Paolo porta l’esempio del granello piantato nel terreno che è molto diverso dalla pianta che ne deriverà. Analogamente, i nostri corpi mortali che vengono deposti nella tomba saranno diversi dai corpi spirituali che sortiranno dal sepolcro.

IL CHICCO DI GRANO

L’apostolo svolge l’analogia sul chicco di grano seminato nel modo magistrale che gli è proprio. Spiega che la nostra risurrezione trova un primo momento di oggettiva verità nella morte. È solo attraverso la morte che possiamo risorge a una vita più ampia e perfetta (v. 36). Nella morte c’è già il germe della vita, il corpo nel suo deteriorarsi si vivifica e germoglia in un qualcosa di completamente diverso, maestoso, glorioso. Passa da una vita materiale di dolore e morte a una vita spirituale di armonia e pace con Dio. L’accento non è tanto sul naturale sviluppo del seme in pianta, quanto nel processo di radicale trasformazione che il seme subisce.

Così chi si addormenta nella morte, nudo come un seme, è pronto a essere creato di nuovo, a ricevere una nuova vita, a essere rivivificato, trasformato, a ricevere un corpo spirituale che non sappiamo esattamente come sarà (forse Dio non lo specifica perché con le nostre menti edonistiche e finite non lo avremmo certamente capito).

Nel verso 42, «Così è pure della risurrezione dei morti», Paolo si avvale una volta ancora dell’analogia per illustrare il corpo trasformato. Tutti hanno l’idea di una cosa che si corrompe, ebbene il corpo risorto sarà incorruttibile, da corpo debole diventerà corpo potente, da ignobile glorioso, da corpo naturale a corpo spirituale.

IL PRIMO E L’ULTIMO ADAMO

Anche l’analogia successiva è profonda e interessante: il primo e l’ultimo Adamo.  Siamo legati a entrambi. Del primo portiamo, in questa vita, l’immagine materiale di esseri viventi, il secondo, spirito vivificante, opererà la trasformazione di ciò che è terrestre in quella glorificata, trasformata, spiritualizzata. Come il primo Adamo ha vissuto una vita terrena originando l’umanità, il secondo Adamo (Cristo) vive una vita celeste che parteciperà ai suoi in una nuova creazione che nessuno conosce (Giovanni 14:1-4) “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi; e del luogo dove io vado, sapete anche la via”.

Qualsiasi cosa aggiungeremo a quanto scritto dallo Spirito, qualsiasi fantasia animerà il nostro pensiero, qualsiasi contorta spiegazione cercheremo di dare per aggiustare a nostro vantaggio quanto detto dal Signore, sarà inutile, Dio ha parlato con chiarezza e precisione e a noi resta solo credere e ubbidire.

IL MONDO SARÀ DISSOLTO

Questo mondo sicuramente ci piace, come ci piace la vita e non so perché Dio abbia deciso di distruggerlo ma non è nostro compito mutare o criticare la volontà di Dio perché crediamo che sia meglio organizzare un governo su questa terra… Pietro non lascia dubbi:  2 Pietro 3:5-13  “Ma costoro dimenticano volontariamente che nel passato, per effetto della parola di Dio, esistettero dei cieli e una terra tratta dall’acqua e sussistente in mezzo all’acqua; e che, per queste stesse cause, il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì; mentre i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco per il giorno del giudizio e della perdizione degli empi. Ma voi, carissimi, non dimenticate quest’unica cosa: per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno. Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento.  Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno!  Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia”.

 Dagli amici testimoni ho sentito le spiegazioni più assurde, improbabili e complicate su questo brano. È più ovvio accettarlo così com’è nella sua semplicità, tutto passerà e per questo la nostra condotta deve essere condita di santità e pietà, nell’aspettazione di “nuovi cieli e nuova terra” dove l’uomo risorto glorioso, potente, incorruttibile e spirituale vivrà con il Signore.

Non so come saranno i “nuovi cieli e la nuova terra” che il Signore creerà, nessuno lo sa! ma chi riduce il tutto a ciò che vediamo, a ciò che ci circonda, a ciò che ci piacerebbe avere, sta manipolando il pensiero di Dio adattandolo ai propri gusti e alle proprie aspettative.

Gesù racconta questa parabola per denunciare due disposizioni sbagliate, opposte al comportamento che Dio desidera nell’uomo: la prima è la presunzione di essere giusti di fronte al Signore, la seconda di sentirsi superiori agli altri. Il fariseo, presuntuoso e sicuro della propria giustizia, è anche un giudice spietato nei confronti del suo prossimo: «Ti ringrazio che non sono come gli altri uomini… neppure come questo pubblicano».

La parabola presenta anche due atteggiamenti di preghiera, che rispecchiano e descrivono due modi di vivere. La preghiera rivela la parte nascosta dell’uomo, i suoi sentimenti, quello che si agita nel suo cuore, le sue aspettative, le sue paure ma anche le sue speranze e la sua concezione del divino. Di conseguenza, ciò che va raddrizzato non è la preghiera (essa è frutto di qualcosa che la precede), ma il modo di concepire Dio, la salvezza, se stessi e il prossimo.

La parabola, molto semplice, presenta due personaggi: un fariseo e un pubblicano, che rappresentano appunto un modo diverso di porsi di fronte a Dio e agli altri.

Il fariseo, in realtà sta dicendo la verità.   Infatti, è  vero che osserva scrupolosamente la legge e ha grande spirito di sacrificio. Non si accontenta dello stretto necessario, ma fa di più. Non digiuna soltanto un giorno alla settimana, come prescrive la legge, ma addirittura due. Il suo torto non sta nell’ipocrisia ma nella fiducia della propria azione. Si ritiene in credito presso Dio: non attende la sua misericordia, non si aspetta la salvezza come un dono, ma come un premio dovuto per il bene fatto.

Tale comportamento ricorda molto quello dei “testimoni di Geova” quando bussano alla nostra porta e si vantano di essere numerosi, di essere zelanti, di essere migliori degli altri perché loro vanno di “porta in porta” a predicare.

Questo atteggiamento è sicuramente bocciato da Gesù che rileva come il fariseo non stia in realtà pregando il Signore dato che egli non guarda a Dio con fiducia, non attende nulla da lui, né gli domanda alcunché. Si concentra su di sé e si confronta con gli altri, giudicandoli duramente. In questo suo atteggiamento non c’è nulla della preghiera.

Il pubblicano invece mostra sentimenti opposti. I pubblicani erano gli incaricati della riscossione delle tasse. Erano al servizio degli odiati invasori romani. All’esosità delle tasse si aggiungeva spesso l’ingordigia degli esattori che per questi motivi erano considerati da tutti pubblici pecca­tori e nel Vangelo si trovavano accanto ai ladri, alle prostitute, agli adulteri e perfino ai pagani.

Il pubblicano sale al tempio per prega­re e il suo atteggiamento è esattamente l’opposto di quello del fariseo. Non osa avvicinarsi, si ferma a distanza, si batte il petto: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Anche lui non mente, anche lui dice la verità: è al soldo dei romani ed è un ladro. Ma è consapevole di essere un peccatore, sente il bisogno di cambiare e, soprat­tutto, sa di non poter pretendere nulla da Dio. Non ha nulla di cui vantarsi e non ha nulla da esigere. Può solo chiedere e avere fiducia. Fa affida­mento su Dio, non su se stesso.

È questa l’umiltà di cui parla la parabola, questo l’atteggiamento che Gesù loda: la consapevolezza di essere tutti dei peccatori e la volontà di cambiare mostrando un ravvedimento sincero e concreto.

La conclusione è chiara: l’unico modo corretto di porci di fronte al Signore, nella preghiera e nella vita, è sentirci costantemente bisognosi del suo perdono e del suo amore.

L’unico modo per avvicinarci al Signore è riconoscere i nostri peccati e manifestare la volontà di ubbidire alla sua voce, ascoltandola e meditandola seriamente, ravvedendoci ed essendo battezzati per la remissione dei peccati per rinascere nuove creature che cercano di vivere seguendo le orme del Risorto, tracciate nel Nuovo Testamento.

NUOVI CIELI E NUOVA TERRA NEL VECCHIO TESTAMENTO

L’idea di un nuovo cielo e di una nuova terra, in sostituzione della precedente situazione, non è una novità nella Bibbia. Isaia aveva descrittole conseguenze dell’indignazione dell’Eterno verso le nazioni pagane parlando dello scioglimento delle montagne nel sangue, e la dissoluzione dei cieli, arrotolati come un libro, per cadere “come la foglia dalla vite, come cade il fogliame morto dal fico” (Isaia 34:3-4). Anche la nazione di Israele, per la sua disubbidienza, avrebbe conosciuto un identico destino, perché i cieli si sarebbero dileguati come fumo, la terra sarebbe invecchiata come un vestito, per significare la fine del sistema giudaico (Isaia 51:4-6). Al loro posto, Dio avrebbe “piantato dei cieli e fondato una terra” (v. 16) la nuova Israele spirituale, ossia la Chiesa. Il superamento del vecchio ordine e l’istituzione di un ordine nuovo è annunciato ancora più chiaramente da Isaia, nel cap. 65. Dio disse che “le afflizioni di prima saranno dimenticate, e saranno nascoste agli occhi miei” (v. 16), in altre parole, passeranno via. Al posto del vecchio cielo e della vecchia terra, Dio ne avrebbe creato di nuovi: “Poiché, ecco, io creo dei nuovi cieli e una nuova terra… io creo Gerusalemme per il gaudio, e il suo popolo per la gioia” (vv. 17-19). E’ evidente dal resto del capitolo che il Signore stava parlando dell’ordine nuovo sotto Cristo in sostituzione del vecchio ordine sotto la Legge.

NUOVI CIELI E NUOVA TERRA NEL NUOVO TESTAMENTO

I nuovi cieli e la nuova terra di cui parlano Giovanni e Pietro nel N.T. sono il simbolo di una realtà in cui il Cristiano si troverà con Dio. Gesù ha promesso di andare a preparare un luogo nella dimora del Padre dove accoglierà chi avrà creduto e ubbidito alla sua Parola: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci son molte dimore; se no, ve l’avrei detto; io vado a prepararvi un luogo; e quando sarò andato e v’avrò preparato un luogo, tornerò, e v’accoglierò presso di me, affinché dove son io, siate anche voi; e del dove io vo sapete anche la via” (Giovanni 14:1-4).

Pietro ci conforta affermando: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile. Essa è conservata in cielo per voi” (1Pietro 1:4).

Ogni speculazione di origine materiale è fuori dalla logica biblica. Nessuno conosce come saranno i nuovi cieli e la nuova terra. Ma sappiamo con certezza che questa creazione sarà distrutta: “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate. Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno! Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia” (2 Pietro 3:10-13).

Paolo afferma che i risorti avranno un corpo diverso e che “carne e sangue” (il nostro corpo materiale) non potranno ereditare il Regno di Dio: “Così è pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c’è un corpo naturale, c’è anche un corpo spirituale. Così anche sta scritto: «Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente»; l’ultimo Adamo è spirito vivificante. Però, ciò che è spirituale non viene prima; ma prima, ciò che è naturale, poi viene ciò che è spirituale… Ora io dico questo, fratelli, che carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio” (1 Corinzi 15:42-49)

Quando Gesù ritornerà, tutti i figli di Dio (i Cristiani) parteciperanno al raduno eterno, al ritorno a casa: «…perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre con il Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole» (1 Tessalonicesi 4:16-18). Ecco la nostra consolazione. Ecco la nostra speranza. Saremo di nuovo insieme con tutti quelli che amiamo e che sono morti prima di noi nel Signore! Dio ci invita a preparare la nostra vita ora per ereditare la sua promessa conservata per noi nei cieli.

Guardiamo con fiducia alle promesse del Signore!

 

Si sta parlando molto in questi giorni della presunta veggente di Trevignano che afferma di ricevere messaggi dalla Madonna. Non possiamo dunque esimerci dall’esporre il nostro pensiero basato sulle Scritture. Premettiamo che noi crediamo alle apparizioni di Dio nell’Antico Testamento e di Cristo nel Nuovo, perché ci atteniamo strettamente all’insegnamento del Vangelo e PARLIAMO QUANDO LA BIBBIA PARLA E TACCIAMO QUANDO ESSA TACE.
Riconosciamo vere le apparizioni di Dio, fatte a personaggi (ad es. Mosè) ed a profeti dell’Antico Testamento per comunicare verità di fede e comportamento al popolo ebraico. Così come riconosciamo vere quelle che Gesù risorto ha fatto ai suoi apostoli e discepoli:
a) Per dimostrare loro che era real¬mente risorto, e che la sua risurrezione era la prova più certa del¬la sua divinità, avendola Egli stesso data come tale agli scribi e farisei (Matteo 12:38 ecc.).
b) Così «si presentò vivente con molte prove» (Atti 1:3) facendosi toccare da Tommaso (Giovanni 20:24, 31), e perfino mettendosi a tavola coi due discepoli di Emmaus (Luca 24:29 ss.).
c) Ed Egli «si fece vedere da loro (apostoli e discepoli) per quaranta giorni e ragionando delle cose relative al Regno di Dio» (Atti 1:3), che egli era venuto ad edificare e del quale essi avrebbero dovuto rendere testimonianza «fino all’estremità della terra» (Atti 1:8).
In breve, le apparizioni di Dio (nell’Antico Testamento) e di Cristo (nel Nuovo) hanno avuto sempre la motivazione di far conoscere la volontà di Dio per la salvezza del suo popolo, quello ebraico prima, la Chiesa poi.
È stato sempre Dio a scegliere i suoi testimoni! Ed ecco perché in nessuno dei ventisette libri del Nuovo Testamento mai si parla di apparizioni di Maria o santi. La verità divina una volta rivelata ai testimoni scelti da Dio, è rivelata per sempre, e non c’è bisogno che esseri umani, anche onesti e buoni, si erigano a testimoni di Dio con apparizioni per incitare e stimolare alla fede ed all’ubbidienza.
Per questo scopo abbiamo il Vangelo di Cristo, che esorta i discepoli di Gesù «ad attenersi al Signore» (Atti 13:23), «ad attenersi al modello delle sane parole» (2 Timoteo 1:13), ed «attenersi alle cose udite» nella predicazione (Ebrei 2:1). Ed è per questo che il Vangelo di Cristo non prevede apparizioni di Madonne e santi. E per secoli infatti non si sono avute.
Il cambiamento dottrinale, culturale, organizzativo della Chiesa di Cristo in Roma è iniziato quando essa cominciò a paganizzarsi, favorita dall’atteggiamento benevolo dell’imperatore Costantino col suo editto di Milano del 313 e dell’imperatore Teodosio il Grande che col suo editto del 380 fece della Chiesa Cattolica la Chiesa dello Stato Romano.
E fu così che nei primi decenni del secolo quinto cominciò a sorgere il culto a Maria, mentre nei secoli precedenti nessuna preghiera era stata a lei rivolta, nessun genere di rito a lei tributato, avendosi in seno alla Chiesa per lei solo ammirazione e lode.
Ora, da circa cento anni le apparizioni di Maria monopolizzano quasi interamente le manifestazioni del soprannaturale cattolico. Maria appare in continuazione e il suo culto, propagandato dalla gerarchia cattolica, è stato usato come il mezzo più idoneo per tenere legati i fedeli alla Chiesa di Roma.
Ma queste apparizioni e visioni hanno come unica e sola ragione del loro verificarsi il fatto che sono conseguenza ed effetto della continua propaganda religiosa del culto a Maria in seno alla Chiesa Cattolica. Perché la continua propaganda mariana, fatta in modo da toccare le corde più intime dei sentimenti umani, facendo scattare la molla dell’esaltazione psicologica per Maria, che si ritiene rimedio ad ogni male, rifugio sicuro, porto tranquillo, aiuto in tutte le circostanze, consolatrice degli afflitti… Ora, che questa continua propaganda esasperi il sentimento religioso delle popolazioni, specialmente di soggetti psichicamente impressionabili, ne è prova il moltiplicarsi in questi ultimi tempi delle apparizioni della Madonna.
Si vogliono nuove apparizioni, sensazioni nuove; si vuole sempre il soprannaturale a portata di mano.
E dopo le apparizioni di Fatima, di La Salette (Belgio), di Lourdes, di Siracusa, di Bearaing e Banneux in Belgio, ecco quelle di Citrone nel Salernitano, di Casavatore a Napoli, di Sezze, dei pressi di Carpi, di Cosenza, e di Medjugoritze (Jugoslavia) ecc… E si potrebbe continuare ancora a lungo, se si avesse la mappa o l’archivio delle apparizioni mariane, custodito in Vaticano. Tuttavia, quanto si può dire con certezza è che SI TRATTA DI PSICOSI SIA INDIVIDUALE CHE COLLETTIVA, DELL’IRRAZIONALE MESSO IN MOTO DA SUGGESTIONE, IN ALCUNI CASI DA MALATTIA MENTALE O ALLUCINAZIONE, E ANCHE (perché no?) DI INGANNO. Se si analizzano poi sia i messaggi che il modo di apparire della Madonna si nota che:
● Nei messaggi non c’è in genere nulla di singolare e di straordinario: conversione, penitenza, devozione alla Madonna con la recita del rosario, minacce di castighi e dell’inferno per chi non ubbidisce, e pace se si fa quanto la Madonna dice;
● Nelle apparizioni poi non si riesce ad avere una vera e reale immagine di Maria: diversi sono gli abiti che Maria indossa nelle apparizioni, diverso il colorito della pelle (bianco in genere, ma nero a Chestokova, e olivastro a Guadalupe).
Che significato ha questa diversità di abiti e carnagione? Si tratta, a mio avviso, di un argomento importante e quasi decisivo per la non realtà delle apparizioni. Infatti, è l’immaginazione dei veggenti a creare quell’aspetto e quegli abiti simili a quelli che essi conoscono nelle persone delle loro terre oppure che vedono nelle frequentano o dei libri di devozione o riviste che leggono. Questi fatti o sono umanamente spiegabili, o sono frutto di inganno, oppure rientrano nel campo della medicina psicosomatica o anche, nella migliore delle ipotesi, nel campo della Metapsichica attraverso la fabulazione isterica o simulazione. L’isteria infatti è all’origine di molti fatti storici, e della maggior parte delle visioni e dei cosiddetti miracoli.
E questa mitomania isterica, che si cela sovente dietro fenomeni che si pretendono straordinari, spesso è molto difficile da smascherare.

Esistono gli angeli? Come sono fatti? Che ruolo hanno nel piano divino? Possono apparirci oggi ? Molte sono le domande, che riguardano queste creature, alle quali non possiamo rispondere,    semplicemente perché la Bibbia non ne parla. Tuttavia possiamo capire ed approfondire gli aspetti trattati dalla Parola di Dio e, visto che i Cristiani guardano alle cose che non si vedono (2 Corinzi 4:18), riporre piena fiducia in ciò che Dio ci rivela.

Nella Bibbia il termine “angelo” traduce l’Ebraico MALAK e il greco ANGELOS e significa messaggero. Indica generalmente i messaggeri celesti inviati da Dio per servire ed aiutare gli uomini e ricorre circa 300 volte.

Uso comune

Nella Scrittura vi è anche un uso più generico di questo vocabolo senza riferirsi necessariamente agli esseri celesti. Vediamone alcuni esempi:

  1. 2 Samuele 2:5 ‑ Il termine è riferito ai messaggeri di Davide.
  2. 2 Re 16:7 ‑ Acaz invia dei “messaggeri” al re Assiro Tiglat‑Pileser.
  3. Aggeo 1:13 ‑ Il profeta è chiamato 1’ “angelo” del Signore.
  4. Luca 7:24 ‑27 ‑ Gli inviati di Giovanni Battista a Gesù, e Giovanni stesso sono definiti “angeli”.
  5. 2 Corinzi 12:7 ‑ Paolo parla di un “messaggero” di Satana.
  6. Giacomo 2:25 ‑ Le spie accolte a Gerico da Raab la prostituta sono chiamate angeli.
  7. Apocalisse 1:20 ‑ Le “sette stelle” nella mano di Gesù sono gli “angeli” delle sette chiese.

Esseri spirituali creati da Dio, superiori all’uomo

L’uso più specifico del termine “angelo” nella Scrittura è in riferimento a delle creature spirituali create da Dio (Salmo 148:1-5), per servirlo ed adorarlo: Colossesi 1:16; Neemia 9:6. In quanto esseri spirituali essi sono superiori all’uomo. Lo scrittore della lettera agli Ebrei, parlando dell’incarnazione di Gesù, afferma che Cristo è stato fatto “di poco inferiore agli angeli” – Ebrei 2:7. Tale superiorità è dovuta anche al fatto che queste creature sono a contatto con Dio, e ne “vedono continuamente la faccia” ‑ Matteo 18:10.

Caratteristiche

  1. Come detto, sono spiriti che appartengono al cielo ‑ Ebrei 1:14 ; Matteo 24:36.
  2. Sono numerosi ‑ Ebrei 12:22. Gesù stesso, al momento del suo arresto, rimproverando Pietro per avere reciso l’orecchio al servitore del Sommo Sacerdote, parla di legioni di angeli – Matteo 26:53. Lo scrittore della lettera agli Ebrei afferma che sono miriadi – Ebrei 12:22.
  3. Sono molto forti e potenti ‑ 2 Pietro 2:11 ‑ 2 Tessalonicesi 1:7.
  4. Non hanno sesso, non si sposano e sono stati creati immortali, quindi il loro numero non subisce variazioni in quanto non possono procreare ‑ Marco 12:25: Luca 20:34-36.
  5. Sono dotati di libero arbitrio, ossia possono scegliere tra il bene e il male e qualcuno di loro ha scelto la ribellione a Dio ‑ 2 Pietro 2:4 ; Giuda 6.
  6. Sembra esistere tra di loro una differenziazione. La Bibbia non è molto esplicita in merito, parla di “Cherubini” che stanno sotto il trono di Dio (Ezechiele 10 :19‑21; 11 :22 Genesi 3 :24) e di “Serafini” che sono sopra il trono di Dio (Isaia 6 :2, 6). Tuttavia questi brani sono scritti nel linguaggio apocalittico e quindi bisogna andare molto cauti nel capirne il simbolismo.
    1. La Scrittura parla anche in maniera specifica di due angeli: Gabriele che appare a Zaccaria, annuncia la nascita di Gesù a Maria e, nel Vecchio Testamento, rende comprensibili a Daniele le visioni divine; Michele che è chiamato “arcangelo” (etimologicamente = capo degli angeli ‑1 Tessalonicesi 6 :16, Giuda 9) Gli Ebrei credono che gli arcangeli siano quattro, oltre a Michele ci sarebbero Gabriele, Raffaele e Uriel.
    2. Dionigi, uno scrittore che visse prima del 500 d.C. e che affermò falsamente di essere l’Aeropagita di Atti 17:34 definì gli angeli secondo una gerarchia, di nove ranghi, discendente da Dio verso l’uomo: a) Il rango più alto è formato da Serafini, Cherubini e “Troni”: il secondo da “Dominazioni” “Virtù” “Potenze”. L’ultimo, quello che è a contatto con gli uomini, da Principati, Arcangeli, Angeli. Tale sistema fu più tardi adottato da Tommaso d’Aquino. La devozione verso gli Angeli crebbe nel Medioevo soprattutto per opera di s. Bernardo, poi l’accettazione dell’aristotelismo condusse i teologi a considerare gli angeli venendosi così a creare una vera e propria “angelologia” mentre la devozione continuava a svilupparsi nel cattolicesimo specie per opera dei Gesuiti, come reazione al Protestantesimo. Oltre alle feste per i vari angeli e arcangeli, Clemente X (1876) estese la festa degli angeli a tutta al Chiesa cattolica.
      1. La gerarchia angelica ideata da Dionigi trae origine da una falsa lettura Efesini 1:21, Colossesi 1 :16, 1 Pietro 3:22; Romani 8:38. Questi brani non parlano di categorie angeliche ma sottolineano come l’autorità di Cristo sia superiore ad ogni altra.
    3. La Scrittura ci afferma che nell’aldilà saremo simili a loro, riferendosi ovviamente alla loro caratteristica spirituale ‑ Luca 20 :34‑36.
    4. Gli Ebrei li raffiguravano con le ali in quanto quelli che erano sul propiziatorio dell’arca del Patto le avevano (Esodo 25:20), inoltre esisteva una loro rappresentazione nei profeti Isaia ed Ezechiele molto legata all’immaginario apocalittico. Nessuno in realtà conosce come essi siano e quale corpo abbiano.
    5. E’ certo che possono prendere forma umana ‑ Giudici 6:11‑21 (Gedeone); Giudici 13:3‑9 (Manoà); Luca 2:9,13 (Pastori); Atti 12:7 (Pietro in prigione).
    6. Qualche volta sono riconosciuti immediatamente dagli uomini, altre volte no: Genesi 19:1, 5, 8, 10; Luca 1:11‑12; Luca 24 :4.

Fanno la volontà di Dio

Gli angeli ubbidienti sono dei servitori fedeli ed umili che si sottomettono alla Sua volontà senza fare domande o chiedere spiegazioni. Hanno incondizionata fiducia in Dio e rispondono ai suoi desideri con assoluta dedizione. Salmo 103 :20‑21; Matteo 6 :10.

Non sono da adorare,

Il culto degli angeli, praticato dalla Chiesa Cattolica è severamente condannato nella Scrittura. Gli angeli non vanno né adorati, né invocati, né pregati ‑ Colossesi 2:18, 19; Apocalisse 22:8‑9.

Non sono più da ascoltare

Essi non possono più parlare direttamente agli uomini essendo la rivelazione di Dio completa e definitiva. L’autore della lettera agli Ebrei (Ebrei 1:l‑4) ci ricorda che in passato Dio ha usato i profeti, gli angeli, i sogni, le visioni per parlare agli uomini, ma oggi la rivelazione ha avuto il suo culmine in Cristo e quindi essa deve considerarsi definita e completa. Paolo ammonisce che nessuno, neanche un angelo che venisse dal cielo, ha l’autorità di aggiungervi o togliervi alcunché – Galati 1:8.

Le apparizioni angeliche

Esistono centinaia di storie, libri, racconti riguardanti apparizioni di angeli. Notiamo, le grandi differenze tra le apparizioni bibliche e quelle legate alla tradizione e alle fantasie degli uomini:

  • Le apparizioni angeliche narrate dalla Bibbia provocano spesso paura e timore negli uomini
    1. Numeri 22:21‑35 – L’asina di Balam e Balam stesso reagiscono con terrore.
    2. Daniele 3 ‑ Il re e i suoi servi vedono con terrore un quarto uomo nella fornace.
    3. Daniele 8 :15,17, 27 ‑ Daniele reagisce con spavento addirittura svenendo.
    4. Matteo 28:2-4 ‑ Le guardie al sepolcro sono terrorizzate alla vista dell’angelo.
    5. Luca 1:11‑13 ‑ Zaccaria è turbato e spaventato.
    6. Luca 1 :30 ‑ Maria, la mamma di Gesù, è turbata e timorosa all’annuncio di Gabriele.
    7. Luca 2:8-11 ‑ I pastori sono presi da gran timore alla vista di un angelo del Signore.
    8. Atti 10:3‑4 ‑ Cornelio è colto da un grande spavento.
  • Gli angeli si rendono visibili solo in casi estremamente importanti, come l’annuncio della nascita di Gesù, ecc.
  • Essi appaiono talvolta visibilmente, altre volte in incognito sotto sembianze umane.
  • Molto importante, in tutti i casi gli uomini coinvolti in tali apparizioni non avevano richiesto né tanto meno ricercato un visita angelica, al contrario di oggi che esiste una vera e propria caccia alla visione e al soprannaturale.
  • Infine va sottolineato che la Scrittura non ci da alcuna indicazione riguardo l’attesa di un angelo durante la nostra vita terrena, né ci fornisce formule o azioni atte ad invocarne l’intervento.

Riguardano alle cose della Chiesa e ne gioiscono

Un aspetto sicuramente affascinante e misterioso degli angeli riguarda il loro rapporto con i cristiani e la chiesa. La Scrittura ci afferma che essi riguardano con interesse e curiosità agli avvenimenti e alle situazione che vi verificano nella chiesa per cercare di capire la volontà divina ed intenderne i propositi.

Non solo, ma gioiscono quando un essere umano giunge a ravvedimento ed entra nella famiglia spirituale del Signore: 1 Pietro 1:12; Luca 15:10; Efesini 3:10; 1 Corinzi 4:9.

Propositi e compiti degli angeli

  1. Il proposito primario per cui gli angeli sono stati creati è quello di rendere gloria, onore e adorazione a Dio. Nella corte celeste questi esseri mostrano il loro amore verso il Creatore rendendogli un continuo omaggio ‑ Apocalisse 5:11‑12; 7:11‑12.
  2. Essi hanno anche ricevuto dal Signore il compito di servire il Suo popolo. Ebrei 1 :14 parla di spiriti al servizio di Dio mandati dal reame celeste a quello dell’uomo per servire in favore di coloro che devono ereditare la salvezza:Mandati per…
  3. Genesi 22 : 11‑12 ‑ fermare Abramo quando stava per sacrificare il figlio Isacco
  4. Genesi 24:40 ‑aiutare Isacco a trovare moglie.
  5. Giudici 13:8‑ 23 ‑ avvisare Manoà e sua moglie della nascita di Sansone
  6. Daniele 8:15 ‑ interpretare la visione di Daniele
  7. Daniele 6:22 ‑ salvare Daniele dai Leoni.
  8. Luca 1:19 ‑annunciare a Zaccaria la nascita di Giovanni.
  9. Luca 1:26‑31 ‑ annunciare a Maria la nascita di Gesù.
  10. Atti 8:26 ‑ avvertire Filippo di recarsi nel deserto a predicare all’Etiope.
  11. Atti 12:11 ‑ liberare Pietro dalle mani di Erode Agrippa
  12. Atti 27:24 ‑ avvisare Paolo che sarebbe stato salvato dalla tempesta

La Bibbia non ci fornisce alcuna indicazione sul fatto che oggi dovremmo aspettarci di vedere un angelo e non ci fornisce alcuna formula per invocarli o pregarli

  1. Gli angeli hanno servito e continuano a servire coloro che devono ereditare la salvezza, poiché hanno partecipato alla realizzazione del progetto divino promulgando la LEGGE MOSAICA: Deuteronomio 33:2 Atti 7:52; Galati 3:19; Ebrei 1 :2‑1.
  2. La loro opera, proprio sulla base di Ebrei 1 :2‑1, può essere paragonata a quella dei profeti che Dio ha usato e “usa ancora” visto che la Scrittura è attuale e la loro voce è ancora viva per m Nessun angelo può insegnare la verità o rivelare la via della salvezza oggi.
    1. Filippo – Atti 8
    2. Pietro e Cornelio – Atti 11.
  3. Gli angeli ci scortano dopo la morte nella realtà spirituale – Luca 16:22.

Gli angeli custodi

  1. Questa è credenza popolare, avvallata dalla chiesa cattolica, che non trova riscontro sulla Bibbia. Essa basa i suoi fondamenti su:
    1. Matteo 18:10
    2. Salmo 34:7
    3. Salmo 91:11
    4. Luca 15: 7, 10
    5. Atti 12:15

Nessuno di questi brani indica che ogni persona ha un angelo che lo protegge e veglia su di lui. La verità è che Dio ha cura di noi e usa i suoi angeli per i suoi propositi e i suoi fini.

CONCLUSIONE

Una cosa è certa! Ci sarà risposta a tutti i nostri interrogativi, poiché vedremo gli angeli:

  1. 2 Tessalonicesi 1:7-8 – Quando il Signore tornerà
  2. Luca 12:8-9 – Cristo ci riconoscerà davanti agli angeli

Premessa

Quando pensiamo ai “primi cristiani” siamo intuitivamente portati a sublimare il concetto di questo originario nucleo di credenti per semplice associazione alla mitica epoca in cui si formarono e vissero. E’ fuor di dubbio che l’epoca a cui ci riferiamo è unica ed irripetibile per i fatti portentosi che vi si verificarono a partire dall’evento straordinario della nascita della Chiesa nel giorno della Pentecoste, ma anche per la presenza dei dodici apostoli, per l’eccellenza del loro ruolo (“…mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e Samaria e fino alle estremità della terra” Atti 1:8), per l’importanza della loro missione (“Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che vi ho comandate” Matteo 28:19-20), per la suprema autorità conferita (“Chi ascolta voi ascolta me” Luca 10:66), per la diretta e irripetibile assistenza loro accordata (“guidandoli in tutta la verità, insegnando loro ogni cosa, rammentando tutto ciò che Gesù aveva loro detto e annunziando loro le cose a venire” Giovanni 14:26; 16:13). Ma se l’origine, il consolidamento e la diffusione del Cristianesimo nel suo primo evolversi, passa attraverso gloriosi eventi, eroici compiti, sublimi influenze, non dobbiamo dimenticare che alla base di tutto ciò, anche in quella lontana, mitica epoca, c’è l’uomo con tutti i suoi carnali limiti e con i suoi nobilissimi slanci. Chi furono dunque i primi cristiani?

Pronti e determinati nel rispondere a Cristo

Un aspetto veramente caratterizzante di coloro che formarono la prima congregazione è l’immediatezza e la prontezza dello slancio con cui la stragrande maggioranza di loro aderisce al richiamo. I primi quattro chiamati erano semplici pescatori intenti al loro umile lavoro e quindi ignari degli eventi che incombevano. Ma la fulmineità dell’invito non è inferiore alla prontezza dell’adesione, tanto da farci riflettere amaramente sulla riluttanza, il sospetto se non addirittura la contrarietà che si riscontra ai nostri giorni:

Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini, ed essi [Simone ed Andrea], lasciate prontamente le reti lo seguirono. E passato più oltre vide due altri fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, i quali, nella barca, con Zebedeo loro padre, riassettavano le reti, e li chiamò. Ed essi, lasciata subito la barca e il loro padre, lo seguirono. (Matteo 4:19-22)

Possiamo immaginare che il messaggio del Signore doveva essere di un fascino travolgente, soprattutto per la divinità dei suoi contenuti, ma non possiamo fare a meno di apprezzare l’abbandono, l’incondizionato riconoscimento che caratterizza molti dei primi seguaci, di tutte le estrazioni sociali, il quale sembra, ai nostri giorni, essere scomparso dalla faccia della terra. Un centurione di Capernaum riuscì persino a meravigliare Gesù con la sua accorata richiesta: “Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servitore sarà guarito” (Matteo 8:8). “Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato cotanta fede”. Uno scriba, di cultura certamente superiore, ci impressiona per la sua illimitata dedizione: 

Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai. (Matteo 8:19)

Un gabelliere (Matteo) sedeva al banco della gabella “e Gesù gli disse: seguimi! Ed egli levatosi lo seguì” (Matteo 9:9). Una donna affetta da un’emorragia continua che nessuno aveva potuto guarire così si rivolge a Cristo: 

Sol ch’io tocchi la tua veste sarò guarita. (Matteo 9:21)

Si tratta quindi di una predisposizione sincera e diffusa che certamente gioca un ruolo determinante nel formarsi e nel moltiplicarsi dei primi cristiani. 

Chi erano e quanti erano

Il primo nucleo si materializza a Gerusalemme. Alla strepitosa predicazione di apertura di Pietro rispondono, con slancio, circa tremila persone (Atti 2:41), ma in pochi giorni, per la travolgente attività degli apostoli accompagnata da opere potenti e da prodigi, i seguaci di Cristo diventano circa cinquemila (Atti 4:4). E’ ragionevole pensare che un numero così ragguardevole di individui comprendesse uomini di ogni cultura, di ogni ceto sociale, di diverse origini etniche. Non ci è dato di sapere quale fu, successivamente, il grado di perseveranza di tutti questi battezzati: presumibilmente alcuni ritornarono rapidamente nel mondo riassorbiti dalla difficoltà del primo impatto o dalla paura per i gravi atti persecutori che si andavano perpetrando ad opera del potere politico e religioso giuridico (per ben due volte Pietro e Giovanni erano stati arrestati, diffidati e minacciati e, la seconda volta, perfino bastonati). Diversi altri, essendo stranieri, ritornarono ai luoghi d’origine, contribuendo alla diffusione del Cristianesimo. Certo è che l’assemblea della comunità di Gerusalemme, come ci viene presentata in Atti 4:31, sembra essere molto meno numerosa di cinquemila persone. Ed è proprio grazie a questo drastico ridimensionamento che ci è possibile delineare, sia pur sommariamente i tratti salienti della prima comunità cristiana, secondo gli elementi desumibili dai Fatti degli Apostoli. Quanto a composizione appare evidente che si trattasse di ebrei nati in Palestina a cui si aggiungeva una minoranza di ebrei originari di altri paesi (ellenisti). Sta di fatto che questa prima comunità fu fortemente incline alla continuazione di pratiche giudaiche (frequentazione del tempio, rispetto di feste, digiuni, osservanza di prescrizioni religiose ed igieniche, ecc.) coesistenti ad assidue adunanze cristiane, addirittura quotidiane, in case private, ove si ascoltavano gli insegnamenti apostolici, si pregava, si spezzava il pane:

Ed erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. (Atti 2:42)

Coesione ed unità nello spirito e nella preghiera 

E’ comprensibile dunque come l’effetto principale di questa assiduità e fedeltà dottrinale garantita dalla presenza degli apostoli fosse un evidente senso di coesione e di unità. Di questa congregazione ci viene riferito sinteticamente (Atti 4:32) che “era d’un cuor solo e di un’anima sola” per significare che ad una grande e cosmopolita fratellanza fece riscontro uno spirito di fraternità e di unità mai più eguagliata nella storia del Cristianesimo. Per tale motivo, e soprattutto a causa della evidente inconsistenza dei legami spirituali ed affettivi che contraddistingue le moderne comunità, la Chiesa di Gerusalemme ci appare meritevole di devota osservazione e di attenta emulazione. I primi cristiani si dedicarono molto alla preghiera. Si pregava regolarmente nelle assemblee ma si organizzavano anche speciali riunioni di preghiera. In occasione della carcerazione di Pietro i cristiani si riunirono in casa di Maria, madre di Giovanni Marco e pregarono con grande intensità e fervore per la sua liberazione che avvenne quella stessa notte (Atti 12:1-12). La preghiera nella chiesa è fondamentale per il suo sviluppo spirituale e per imprimere efficacia all’accoglimento delle richieste. Quale meravigliosa potenza risiede nella pratica della preghiera! Eppure quanto poco e con quanta superficialità si prega insieme nelle comunità di oggi!

La comunione dei beni 

Si tratta dunque di un’epoca di intenso fervore cristiano, ove, in assenza di regole pratiche consolidate e di una salda organizzazione comunitaria, si verificano anche iniziative, quale la comunione dei beni, le cui motivazioni, al di là dell’amore e della spontaneità che distintamente affiorano, sono ancora oggetto di dibattito, ma i cui effetti non furono privi di conseguenze anche negative. E’ ragionevole supporre che la comunità di Gerusalemme, essendosi formata per prima e comprendendo una numerosa componente di membri originari di altri paesi, costituisse inizialmente un punto di riferimento e fosse oggetto di molte visite da parte di forestieri. L’esercizio dell’amore e dell’ospitalità verso stranieri residenti a Gerusalemme, privi di risorse per la lontananza dal loro paese di origine, e verso visitatori esterni sicuramente bisognosi di ogni cosa, dovette mettere a dura prova le risorse dei fratelli locali tanto da indurli a praticare una sorta di comunione dei beni a cui indubbiamente ciascuno contribuì spontaneamente secondo le proprie disponibilità e spesso spogliandosi di ogni cosa. Tale esperienza, mai ripetuta altrove, fu caratterizzata da grande generosità e soprattutto da totale assenza di imposizione da parte degli apostoli. Ma a dimostrazione dell’eterogeneità di convinzione interiore e di maturità spirituale, non mancarono episodi scarsamente edificanti come quello famoso di Anania e Saffira (Atti 5:1-10).

Il dissenso degli ellenisti 

D’altro canto, tale forma di cassa comune, da cui tutti dovevano trarre il necessario sostentamento quotidiano, impose una forma organizzativa che non mancò di provocare malcontenti e lamentele. In Atti 6:1 ci si narra: 

Or in quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio degli Ellenisti contro gli Ebrei perché le loro vedove erano trascurate nell’assistenza quotidiana.

L’atteggiamento di riguardo verso una o più persone piuttosto che verso altre è una propensione da cui non furono esenti nemmeno i primi cristiani di Gerusalemme. Anche nella chiesa che godeva della preziosissima presenza degli Apostoli si venne a manifestare la prima contrapposizione di gruppi tra ebrei palestinesi ed ebrei ellenisti. Indubbiamente tra i due gruppi sussistevano notevoli differenziazioni nella lingua (i primi parlavano aramaico i secondi preferibilmente greco), nella pratica religiosa (i primi più inclini a perpetrare il rispetto della Legge i secondi meno rigidi e più tolleranti), nelle consuetudini. Tali aspetti avranno certamente costituito motivo di discussione e di tensione tanto che il diverso trattamento delle vedove elleniste nella distribuzione dei pasti dovette essere un episodio sicuramente marginale. Come è noto il problema fu superato costituendo sette uomini addetti all’amministrazione delle risorse, sette uomini “di buona testimonianza, pieni di spirito e di sapienza”, quasi sicuramente tutti di estrazione ellenista come dimostrano i loro nomi greci (Stefano, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmene e Nicola di Antiochia). L’evento ci appare interessante in quanto è questa l’origine del diaconato, ma ancora più interessante appare il fatto che la totalità della chiesa non ebbe difficoltà ad affidare l’incarico di amministrare le risorse quotidianamente disponibili, proprio a uomini provenienti dalla parte che si considerava danneggiata: “e questo ragionamento piacque a tutta la moltitudine” Atti 6:5. Questo ci fa comprendere che tra i primi cristiani non si radicarono atteggiamenti di divisione anche in quelle circostanze in cui, apparentemente, affioravano sospetti di indebito riguardo o ingiustificate preferenze, ma al contrario le difficoltà venivano superate proprio manifestando la più ampia disponibilità e buona fede. Quanto hanno da imparare le comunità moderne, ove spesso l’ombra di un sospetto o l’insorgere di qualche banale divergenza covano a lungo negli anni, si consolidano e amplificano la loro azione proprio come un lievito maligno che è in grado di far fermentare tutta la pasta provocando insondabili lacerazioni. 

Coraggio e fedeltà

Tra i sette prescelti eccellevano i nomi di Filippo e Stefano, le cui gesta sono note a tutti e, specialmente per quanto concerne quest’ultimo “pieno di grazia e di potenza”, si può ritenere che egli rappresenti la sublimazione del coraggio e della fedeltà, spinta fino alle estreme conseguenze, che contraddistinse i primi cristiani di Gerusalemme, i quali, a partire dal martirio di Stefano, furono chiamati ad una prova di sofferenza e di dolore a cui non si sottrassero e che consentì al Cristianesimo primitivo di espandersi in tutto il mondo allora conosciuto. Già Pietro aveva dato ampia dimostrazione di coraggio rintuzzando memorabilmente le intimidazioni e le minacce: “bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini” (Atti 5:29). Ma il merito di Stefano, al di là della sua ineguagliabile forza d’animo, sta nell’aver intuito l’universalità del messaggio di Cristo il quale non costituiva una banale ramificazione del Giudaismo ma si staccava nettamente dal Tempio per irradiare in tutto il mondo quel culto “in spirito e verità” preconizzato da Cristo (Giovanni 4:21-24). Stefano infatti si impose tragicamente all’attenzione dei suoi mortali nemici disputando coraggiosamente con i membri della “sinagoga detta dei Liberti, dei Cirenei e degli Alessandrini e di quelli della Cilicia e dell’Asia” (Atti 6:9) ed il suo messaggio preannunciava la fine del Giudaismo e il sopravvento di Cristo (Atti 6:14).

E’ intuibile come la proclamazione di idee così innovative gli procurò l’odio di nemici mortali. Arrestato e costretto a difendersi davanti al Sinedrio, ci ha tramandato quella sua memorabile requisitoria in cui ripercorse come in un indimenticabile testamento i capisaldi della sua predicazione, mise sotto accusa i suoi stessi accusatori imputando loro il tradimento e l’uccisione del Cristo, l’ignoranza e l’inosservanza della Legge. Il suo discorso è rimasto incompiuto ma il suo messaggio si è rivelato esplosivo per effetto della persecuzione diretta specialmente verso gli Ellenisti e della loro successiva diaspora. 

La questione della circoncisione 

Se i primi cristiani di Gerusalemme ci hanno offerto un grandissimo esempio di coerenza e di forza d’animo anche nelle più terribili sofferenze, la loro più luminosa dimostrazione di fedeltà all’insegnamento degli apostoli ci proviene dal modo con cui affrontarono la questione della circoncisione, di per se stessa delicatissima in quanto si trattava di una questione dottrinale. L’episodio ci è noto in quanto ci viene narrato in tutta la sua drammaticità in Atti 15:1-29. La verità venne presentata dagli anziani e dagli Apostoli a tutta la chiesa senza reticenze anche se fu oggetto di una “gran disputa” ed a conclusione di appassionati interventi si giunse ad una soluzione unanime ed univoca. La chiesa unita provvide a redigere una dichiarazione scritta da divulgare sull’argomento. Così la controversia si concluse con il sopravvento dell’insegnamento apostolico sui pregiudizi, le tradizioni e le eredità affettive sanzionata dalle Scritture in Atti 6:7: 

E la Parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; ed anche una gran quantità di sacerdoti ubbidiva alla fede.

Conclusione 

I primi cristiani dunque ci hanno proposto un incrollabile spirito di unità e fratellanza tanto più apprezzabile in quanto instauratosi in una comunità di composizione variegata ed eterogenea. La congregazione di Gerusalemme in particolare, guidata dagli Apostoli, si contraddistingue per l’oculata selezione dei suoi ministri e per l’ordine e l’amore con cui seppe affrontare ogni suo problema di carattere organizzativo o dottrinale. Il risultato più eclatante è la conversione di migliaia di anime nel breve periodo di tre anni. Una congregazione di fedeli assidua nel radunarsi e pronta ad esprimere una liberalità rimasta ineguagliata nella storia del Cristianesimo. Una chiesa la cui dolorosa diaspora ha prodotto all’esterno l’inarrestabile diffusione dell’Evangelo e all’interno una clamorosa vittoria sull’illegale opposizione degli atei sadducei, degli arroganti farisei e di uno Stato persecutore e crudele. Il loro insegnamento e il loro esempio rimane per noi ineguagliabile.

Se ci guardiamo intorno, cosa vediamo? Tantissime chiese ovunque. Chiese tutte differenti tra loro, che insegnano tutte dottrine diverse, che portano tutte nomi diversi, ma che affermano tutte di servire un solo Dio. Perché succede questo? Perché alcune chiese insegnano che la salvezza si ottiene soltanto per grazia? Perché altre insegnano che la salvezza si ottiene per sola fede? Perché alcune insegnano che per essere salvati basta la fede, e altre insegnano che si viene salvati mediante le opere? Come si possono insegnare dei modi tanto diversi di conseguire la salvezza e, nello stesso tempo, affermare di servire lo stesso Signore e di essere tutti uniti in Cristo?

Una ragione per la quale esistono così tante chiese risiede nel fatto che la gente non conosce la Parola di Dio. In Matteo 22:29, Gesù rispose ad una domanda che gli era stata posta, dicendo: “Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio”.

La ragione per cui la gente crede a dottrine tanto diverse sta proprio nel fatto che essa non conosce la Bibbia né ciò che la Bibbia dice. Anche l’apostolo Paolo affermò che la sua vita di peccato, prima di divenire cristiano, si era svolta nell’“ignoranza” e nell’“incredulità” (1Timoteo 1:13). L’ignoranza non è una scusante; Dio ci ritiene capaci di conoscere la verità e responsabili nel caso in cui non lo facciamo. Gesù disse: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32). Conoscendo la verità, possiamo obbedire alla verità. Quando non conosciamo ciò che la Bibbia insegna, siamo invece indotti a credere a molte false dottrine.

Un’altra ragione, per la quale ci sono così tante chiese, sta nel fatto che esistono persone che non insegnano correttamente la Parola di Dio. La Bibbia, a più riprese, ci mette in guardia contro i “falsi maestri”:

Perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e miracoli tanto da sedurre, se fosse possibile anche gli eletti. (Matteo 24:24)

La venuta di quell’empio avrà luogo, per l’azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi, con ogni tipo d’inganno e d’iniquità a danno di quelli che periscono perché non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati. Perciò Dio manda loro una potenza d’errore perché credano alla menzogna; affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità ma si sono compiaciuti nell’iniquità, siano giudicati. (2 Tessalonicesi 2:9-12)

Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. (1Timoteo 4:1-2)

La Bibbia ci ammonisce, poi, a maneggiare con cura la Parola di Dio, infatti in 2 Timoteo 2:15 leggiamo: “Sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che dispensi rettamente la parola della verità”. Ciò significa che la Parola di Dio può essere usata in un modo sbagliato, se non si sta attenti. Se una persona ti dice di saper guidare l’auto, e tu gli affidi la tua macchina, potrai passare dei guai se quella persona non sa guidare bene: potrà rovinarti la macchina o ucciderti, perfino. L’apostolo Pietro mise in guardia circa questo pericolo, dicendo: “In esse [vale a dire, nelle epistole di Paolo] ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture” (2Pietro 3:16).

Il pericolo è reale: esistono davvero “uomini ignoranti e instabili”, “segnati da un marchio nella propria coscienza”, che travisano la Parola di Dio, portando alla perdizione non solo la propria anima ma anche quella di coloro che ad essi si affidano. Gesù ebbe a dire: “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare” (Matteo 23:13).

Un’altra importante ragione, per la quale ci sono così tante chiese, è che la gente non ha rispetto per la Parola di Dio. Noi giustamente rispettiamo il Presidente, il capo, i professori, i superiori, i genitori, ma quando Dio parla non ascoltiamo! La gente ignora o travisa ciò che Dio dice, e crede a ciò a cui vuole credere: “Infatti verrà il tempo” – dice l’apostolo Paolo – “che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” (2Timoteo 4:3-4).

Ma attenzione! La Bibbia ci fa sapere che saremo maledetti se avremo aggiunto o tolto o cambiato qualcosa della Parola di Dio:

Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritti in questo libro. (Apocalisse 22:18-19)

Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del Signore vostro Dio, che io vi prescrivo. (Deuteronomio 4:2)

Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio. (2 Giovanni 9)

Gesù disse: “Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini” (Marco 7:7).

Il Nuovo Testamento ci esorta ad essere diligenti nel cercare di capire la verità, che ci è stata trasmessa una volta per sempre attraverso Cristo (Giuda 3).

Cari amici, ci sono così tante chiese nel mondo, ma Dio non è contento. Queste chiese, infatti, sono nate dall’ignoranza, dalle false dottrine, dall’amor proprio e da altre motivazioni e interessi umani. Nella notte in cui fu tradito, Gesù pregò affinché tutti i Suoi discepoli fossero uniti, proprio come Dio è uno:

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. (Giovanni 17:20-23)

La Bibbia insegna che Cristo ha un corpo solo: “Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione” (Efesini 4:4), e questo corpo è la Sua chiesa: “Ogni cosa egli [Dio] ha posta sotto i suoi piedi [sotto i piedi di Cristo Gesù] e lo ha dato per capo supremo alla chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti” (Efesini 1:22-23).

Dio ha, dunque, una chiesa sola. Invece il mondo è pieno di chiese, ma Dio non è contento. Cosa possiamo fare, allora? Dobbiamo cercare di essere quella chiesa di cui leggiamo nel Nuovo Testamento, ecco tutto.

Se siete in cerca della verità, e vi siete sentiti dire da tutte le confessioni religiose, che avete contattato finora, che esse posseggono tutte la verità pur insegnando cose tanto diverse fra loro, seguite questo consiglio di Gesù:

Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l’albero cattivo fa frutti cattivi. Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti. (Matteo 7:15-20)

Il denominazionalismo (vale a dire l’esistenza di tante differenti chiese, con le loro proprie denominazioni, i loro propri credi, i loro centri direttivi, i loro Consigli o Sinodi o Concili, i loro organi di governo terreni, e quant’altro) ha fatto sì che il mondo perdesse la fede in Cristo Gesù.

L’auspicio è, dunque, che anche voi possiate desiderare di essere soltanto il popolo di Dio, rigettando tutte le false dottrine insegnate dagli uomini. Date a Dio la gloria, non all’uomo! Lasciate che sia Dio a generare e dirigere la vostra fede, non l’uomo!

Gesù disse: “edificherò la MIA chiesa” (Marco 16:18). Dobbiamo compiere ogni sforzo per essere quella chiesa descritta nel Nuovo Testamento. Se Gesù ha edificato la Sua chiesa (e non v’è alcun dubbio che lo abbia fatto!) dobbiamo cercare di essere quell’unica chiesa stabilita da Lui, seguendo i Suoi insegnamenti.

Sappiamo che non c’è salvezza all’infuori di Cristo Gesù (“Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo”, cioè della chiesa, Efesini 5:23; “Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch’essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna” 2Timoteo 2:10); di conseguenza dobbiamo fare ogni sforzo per vivere in Cristo ed essere il Suo popolo.

Il Signore vi invita ad andare da Lui:

Su, venite a me e discutiamo, dice il Signore” (Isaia 1:18), “affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo. (Efesini 4:14-15)